Viminale (Roma) – “Un ufficio strano, devo dire, sembrava non esserci mai entrato nessuno per quattordici mesi, c’era anche della polvere in giro, soprattutto sulla poltrona del Ministro, e i divanetti erano ancora avvolti nella plastica come se fossero stati appena acquistati dal negozio. L’ufficio sembrava quasi abbandonato se devo dirla tutta. L’unica cosa in funzione era il modem wi-fi che era quasi arrivato allo stato di fusione, segno che il precedente inquilino lo teneva acceso ventiquattrore su ventiquattro per farci chissà cosa, ma abbiamo provveduto subito a cambiarlo e a inviare la fattura al precedente proprietario, così capisce come sia importante non sprecare beni dello Stato”, sono queste le prime parole da Ministro degli Interni di Luciana Lamorgese, una carriera vissuta lavorando per il Viminale fin dal 1979, prima come viceprefetta ispettrice, poi come viceprefetta, poi come prefetta, poi come capo gabinetto di Alfano, esperienza che l’ha turbata profondamente, soprattutto per la difficoltà nel doverlo vedere ogni santissima mattina.
“È successo anche un fatto curioso”, avverte il neoministro, “ero attirata dalla libreria dell’ufficio e da come tutti i volumi contenuti al suo interno fossero decisamente stati poco usati, d’altronde erano tomi che servono al corretto svolgimento dell’attività di ministro dell’interno. Un solo specifico libro, cosa alquanto strana, sembrava invece essere stato toccato spesso, fatto insolito perché stiamo parlando di ‘Chi ha paura non è libero’ del mio ex ex ex predecessore Angelino Alfano, che non era visto di buon occhio dal precedente inquilino del Viminale, ma soprattutto era pur sempre un libro scritto da Alfano”.
“Appena il Ministro ha provato a tirare via il volume”, spiega Carmine Detestabile, il tecnico chiamato per risolvere il problema del wifi, “l’arredamento si è come modificato all’istante: le pareti si sono rigirate su se stesse e l’intero ufficio si è trasformato in una discoteca, dal soffitto sono scese della gabbie dove all’interno c’erano delle cubiste in abiti striminziti e dall’altoparlante, spuntato da chissà dove, è riecheggiato l’inno di Mameli in versione disco. Sulla scrivania dell’ufficio le foto dei figli di quello che c’era prima (che stranamente aveva sempre posizionato a favore di telecamera) sono evaporate lasciando posto a dei mojito, e mi è parso pure di vedere molta più polvere rispetto a prima. Comunque le ragazze erano in stato di disidratazione dato che da giorni nessuno veniva in ufficio, ma dopo un paio di rum e coca hanno di nuovo ripreso il loro ruolo di cubiste professioniste, d’altronde mi hanno detto che venivano pagate in base alla quantità di twerk giornalieri e quindi non potevano perdere il ritmo”.
“Uno spettacolo indegno”, afferma uno dei portavoce del Ministro degli Interni precedente che vuole rimanere anonimo, “è indegno come in un Paese civile uno non può fare propaganda per un partito, alimentare i bassi istinti della gente, riempire l’internet di contatti fake e venir pagato con i soldi dello Stato, essendo stato assunto in uno degli uffici del Ministero, che subito viene licenziato quattordici mesi dopo. È un’indecenza. Ah…ma non stavate parlando di questo? Allora mi defilo prima che scopriate chi sono”.
Dal precedente inquilino del Viminale non arriva nessuna dichiarazione ma una fonte esperta di internet, dotata di un contatto Facebook, ha individuato cosa ha fatto in questi giorni e perché non è riuscito a presenziare per la cerimonia del passaggio di consegne:
Lunedì 2 Settembre: selfie in spiaggia contro tutti i rosiconi, bagno a mare, cena in ristorante.
Martedì 3 Settembre: selfie in montagna contro tutti i rosiconi, bagno in lago, pranzo in baita.
Mercoledì 4 Settembre: gita in altura contro tutti i rosiconi, bagno nella neve, pranzo al rifugio.
Giovedì 5 Settembre: raccolta di funghi contro tutti i rosiconi, bagno del fiume, pranzo al sacco.
Una vita dura che solo i veri eroi riescono a sopportare.
Davide Paolino