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Agente della Digos esprime dubbi sul proprio operato e si identifica da solo

Roma – Negli ultimi mesi si è assistito a un notevole aumento dei casi di identificazione di semplici cittadini da parte della Digos, il reparto della polizia che si occupa delle manifestazioni, dell’ordine pubblico negli stadi e dei movimenti politici estremisti (tranne quelli che fanno il saluto romano per commemorare). L’aumento di questi episodi è coinciso – per un incredibile scherzo del caso – con l’arrivo al governo dei sostenitori dell’ordine e della disciplina. La direttiva sembra chiara: identificare chiunque esprima dissenso sotto qualsiasi forma e chiunque manifesti comportamenti potenzialmente sovversivi (sempre tranne i commemoratori con il braccio teso).

Ecco dunque che solerti agenti della Digos sono intervenuti, nei mesi scorsi, per identificare un loggionista della Scala di Milano che ha avuto l’ardire di urlare una frase pericolosamente sovversiva come “Viva l’Italia antifascista” dopo l’inno nazionale, per di più alla presenza del presidente del Senato collezionista di busti. E altri agenti della Digos sono intervenuti, sempre a Milano, per identificare un gruppo di cittadini che partecipava alla commemorazione per Aleksej Navalny, proprio nei giorni in cui era impossibile invece identificare la sua salma perché scomparsa.

Ma altri episodi, meno noti, sono accaduti in queste settimane: dieci giorni fa a Genova la Digos ha identificato un 86enne che, nell’atto di aprire l’ombrello, ha pronunciato la famosa frase “Piove governo ladro”. È notizia di ieri, invece, che a Roma un bambino di 7 anni è stato identificato perché piangeva e chiedeva a gran voce una bomba (alla crema). E proprio quest’ultimo episodio ha provocato un rigurgito di coscienza nell’agente della Digos protagonista. In lui si è fatto strada un flebile sintomo di dissenso verso la direttiva, che lo ha precipitato in un profondo conflitto interiore.

L’unico modo che ha trovato l’agente per risolvere questo conflitto è stato quello di identificarsi da solo. L’uomo quindi si è chiesto i documenti e ha registrato il suo nominativo. Poi, ritenendo il suo comportamento piuttosto sospetto, si è sbattuto contro il muro, si è allargato le gambe e si è perquisito con vigore. Quando ha trovato la sua pistola la situazione si è fatta tesa. L’agente ha cominciato a urlare: “E questa dove l’hai presa eh? È uguale alle nostre pistole, l’hai rubata alla polizia! Vuoi vedere cosa succede quando fotti le armi alla polizia?” e poi ha preso a colpirsi da solo con il calcio della pistola.

A porre fine all’autopestaggio è stato un suo collega della Digos, che lo ha fermato e lo ha accompagnato al reparto psichiatrico del Policlinico Umberto I. Ovviamente dopo averlo identificato.

Eddie Settembrini

(Quest’articolo è stato scritto anche grazie al sostegno di Box)