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Ricerca. Chi fuma marijuana non è antirazzista, ma non ha voglia di distinguere i colori

Foto Credits 7raysmarketing da Pixabay

Stobe (Ne) – Molte ricerche ormai lo confermano: la marijuana “dona” a chi ne fa uso un magico distacco dall’universo che lo circonda. Come, ad esempio, fregarsene del colore della pelle e della provenienza di chi gli sta accanto. Fumare questa pianta, ci rende quindi antirazzisti? È stata questa la provocatoria domanda che si sono posti alcuni scienziati della Kingston University in Jamaica. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, vista la provenienza, questo ennesimo studio sulla marijuana è stato condotto da chi non fa uso di cannabis, pare infatti che se ogni ricercatore al mondo ne facesse uso, non esisterebbe nessuno studio sulla marijuana.

Tra i risultati più interessanti, la scoperta che il termine “fratello”, lanciato abitualmente dai consumatori di cannabinoidi, non nascerebbe da un senso profondo di fratellanza, bensì dalla pigrizia nell’abbinare alla persona che si ha vicino il giusto rapporto di parentela, o addirittura nel ricordare i nomi delle persone. Fumare quindi ci porta ad usare termini più semplici: un parente, un amico, o un tizio che passa di lì per caso, diventa “fratello”. “Una volta – si legge nelle testimonianze di un volontario che ha partecipato alla ricerca – avevo vicino il cognato del figlio dello zio di mia cugina, e non sapevo come chiamarlo. Ma grazie all’effetto della canna che stavo fumando, me ne sono sbattuto il cazzo del nostro grado di parentela e l’ho chiamato fratello”.

Sembra sia proprio questo il meccanismo di chi sia sotto effetto di queste sostanze: semplificare e sbattersene il cazzo di tutte complessità che la tediosa vita quotidiana ci pone ogni giorno. L’effetto “antirazzista” sarebbe quindi effetto collaterale: “Chi fuma lo fa principalmente per provare un senso di evasione dalla realtà – ci dice la responsabile dell’equipe di ricerca Luce Infondoaltunnelalcune droghe distorcono totalmente la realtà, ma la cannabis in generale, dona a tutti quel senso di pace inviolabile da qualsiasi divisione, si è uniti, o almeno non si prova nessun contrasto, perché in quel momento sembra troppo impegnativo farlo, inoltre si perde ogni tipo d’interesse ai colori e non si ha alcuna voglia di distinguerli” .

Quindi la risposta è no, fumare non rende la gente meno razzista, ma più tollerante e menefreghista nei confronti dei colori, infatti molti degli intervistati hanno dichiarato di non provare nessun tipo di sentimento avverso nei confronti di una dichiarazione di Salvini o di qualsiasi abbigliamento di Oscar Giannino.

Sergio Marinelli