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Foresta amazzonica: “Se a Bolsonaro serve l’ossigeno si attacca al cazzo”

Foto Credits: Carlos Andino e Isac Nóbrega

BRASILIA – Dopo la notizia della positività al Coronavirus del presidente Bolsonaro – festeggiata da molti brasiliani come la vittoria dei Mondiali di Calcio del 1958 tanto da far balzare in testa nei trend topic l’hashtag #ForcaCovid – in tanti hanno chiamato in causa il karma.

Nessuno infatti ha dimenticato l’atteggiamento strafottente che Bolsonaro ha sempre avuto verso la pandemia, minimizzando i rischi, criticando le restrizioni anti-contagio, violando il distanziamento sociale e succhiando il cazzo a una transessuale di Rio de Janeiro (ok, questo non l’ha fatto ma mi sarebbe piaciuto. E anche a lui).

Ora, esattamente come successo col suo compare sovranista Boris Johnson, sembra che il karma gli stia presentando il conto. Bolsonaro, infatti, adesso si ritrova a ingoiare come una scimmia compresse di idrossiclorochina e a sperare che il virus non gli distrugga gli alveoli polmonari, costringendolo a respirare tramite un tubo infilato in gola (possibilità peraltro preclusa a migliaia di abitanti delle favelas che muoiono senza poter accedere a delle cure adeguate). È un brutto momento per il presidente brasiliano, anche se il suo machismo fascista lo spinge a dissimulare in pubblico, e pare che l’unica cosa che l’abbia consolato un po’ sia stata la lettura di uno stucchevole articolo di Massimo Gramellini.

Ma il karma potrebbe aver giocato un ulteriore brutto scherzo al presidente Bolsonaro: il virus che lo ha contagiato, infatti, potrebbe essere gay. Lo afferma il più eminente dei virologi brasiliani, Roberto Burinho: “Il presidente è entrato in contatto con una rarissima variante gay del virus, riconoscibile al microscopio perché completamente depilato. Non è deontologicamente appropriato dichiararlo – conclude Burinho – ma l’idea che l’omofobo Bolsonaro venga messo in ginocchio da un virus gay è la notizia migliore di questo 2020”.

Ma c’è dell’altro. A rendere il momento ancora più difficile a Jair Bolsonaro è la vendetta che la foresta amazzonica starebbe per servirgli, dopo averla covata per tanti mesi. Gli alberi, infatti, non hanno dimenticato l’atteggiamento (da loro definito senza mezzi termini “di merda”) del presidente brasiliano nei loro confronti e hanno preso posizione. Il portavoce degli alberi della foresta, un Hevea Brasiliensis alto 35 metri, durante una conferenza stampa convocata sopra di sé, ha esibito una serie di articoli di giornale (tutti stampati su carta riciclata, ovviamente) nei quali vengono riportate dichiarazioni e azioni di Bolsonaro contro il grande polmone verde.

Questo è Bolsonaro – ha esordito il portavoce – è quello che ha detto che la foresta amazzonica non è patrimonio dell’umanità; è quello che ha un progetto per lo sviluppo dell’Amazzonia che prevede la costruzione di una centrale idroelettrica, l’estensione dei collegamenti autostradali e uno spostamento di popolazione verso la regione; è quello che nell’ultimo anno ha causato un incremento della deforestazione del 94%. Se a quest’uomo servirà ossigeno, nel caso venisse ricoverato in terapia intensiva, noi non lo produrremo”. Quindi, dopo aver portato due rami a indicarsi la parte bassa del tronco, ha concluso perentorio: “Bolsonaro può attaccarsi al cazzo”.

Eddie Settembrini