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Plotone di nazisti russi si imbatte in plotone di nazisti ucraini e insieme invadono la Polonia

Foto Credits: Atlantic Council

Kiev – Momenti di tensione questa mattina nella capitale ucraina, cioè, ulteriori momenti di tensione, quando da una delle estremità della Chreščatyk, la strada principale della città, sono riecheggiate le travolgenti note della Cavalcata delle Valchirie suonate a tutto volume dai miliziani del famigerato battaglione Azov impegnati a setacciare le strade a caccia di soldati russi.
Ma questo era solo il primo atto di una drammatica escalation, proseguita quando il battaglione ha sentito le stesse epiche note provenire dalla parte opposta della via, diffuse dai mezzi militari del gruppo Wagner (solo omonimo del compositore tedesco NdR), la più nota e controversa compagnia militare privata presente in Russia e a sua volta impegnata nella caccia al presidente ucraino Zelensky.

In un silenzio irreale, se si escludono le esplosioni ininterrotte e la Cavalcata trasmessa senza sosta, – insomma, un silenzio irreale perché era un cazzo di bordello – le due compagini sono rimaste immobili l’una di fronte all’altra per svariati minuti, sino a che uno dei miliziani, difficile dire di quale battaglione, ha compiuto l’unico gesto che ci si sarebbe aspettato da un tale consesso di fini pensatori: ha alzato ulteriormente il volume della musica per far vedere che lui e i suoi compagni ce l’hanno più lungo.
Immediatamente l’esercito nemico ha provveduto in risposta a sparare a palla tutti i decibel che i pianali dei suoi autoblindo permettevano, dando vita a un frastuono devastante che ha provocato nella già martoriata città più crolli di quelli causati dalle bombe di entrambi gli schieramenti, sino a che le vibrazioni non hanno fatto saltare via i subwoofer lanciandoli nello spazio (uno di questi ha colpito di striscio la ISS, NdR) e ponendo fine alla tamarra disfida.

Il duello successivo tra i due schieramenti si è svolto a colpi di tatuaggi: draghi, lupi, serpenti, tigri, aquile, squali, narvali, ornitorinchi, blobfish, aye-aye del Madagascar, uacari calvi, talpe dal muso a stella e chi più ne ha più ne metta. Un campionario di animali da far invidia a Linneo campeggiava in ogni angolo della pelle degli uomini di ambo le parti. Mancava solo l’Armadillo rosa argentino, da un lato perché gli energumeni lo considerano un colore poco virile, ma soprattutto perché, con rosa su rosa, il tatuaggio si sarebbe visto troppo poco.

Improvvisamente, un sottufficiale del battaglione Azov, il sergente Oleg Stritolishenko, detto l’Ariete di Leopoli, ha impugnato una bottiglia di vodka e se l’è spaccata sulla testa, subito imitato da uno della squadra Wagner, Juri Drago, fratello del più celebre Ivan, che ha esclamato “Io non mi spiezzo in due!” I due hanno proseguito in un crescendo di frantumazioni sul proprio cranio a base di lattine, chiavi inglesi, lampioni, tombini, bazooka, torrone… sino a che non sono stati portati nel centro traumatologico più vicino.
Nemmeno il duello all’ultimo sangue tra i due soldati ceceni schierati in entrambi i gruppi contrapposti ha avuto buon esito. Quando uno dei due stava per essere sgozzato, ha esclamato “Martha“, l’altro gli ha quindi chiesto “Perché hai detto Martha?“, “È il nome di mia madre“, al che hanno scoperto di essere fratelli che non si vedevano da circa tre settimane.

Impossibilitate a venire a capo della contesa, le due compagini hanno deciso di unire le proprie forze e dirigersi – tra una citazione di Kant (“Il cielo stellato sopra di me, i miei proiettili dentro di te“) e un colpo di mortaio sparato a casaccio – verso la vicina Polonia per un’invasione nostalgica e celebrativa dei cari vecchi tempi in cui -ucraini o russi non importava – si era ancora tutti un’unica grande famiglia. Tempi gloriosi in cui i nazisti non avevano bisogno di essere celebrati da Gramellini.

Augusto Rasori