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Milano. Trans manganellata in testa, vigili ammettono errore: “Pensavamo fosse un’immigrata”

Manganellate di Sopra (MI) – Mentre è notizia di oggi che altri quattro vigili sono indagati per il pestaggio della trans milanese, una scioccante ricerca sul fenomeno ha rivelato che tra le maschere che un uomo può indossare, non si può non citare la divisa da poliziotto municipale.

“La stessa istituzione della polizia municipale milanese – spiega Pierluigi Cocàina, docente dei Delitti e delle Pene all’Università Statale di Milanoderiva da una prima associazione, dopo le Cinque gloriose giornate di Milano, di persone che non erano in grado di fare altro se non passeggiare tutto il giorno e menare le mani nel momento più inopportuno e verso l’obiettivo sbagliato. Ci sono testimonianze scritte che associano ai movimenti filo asburgici, ovvero dalla parte degli occupanti di Milano, bande di cittadini armati di manganelli pronti a far rispettare la legge del più forte”.

Il professore descrive le motivazioni di tali comportamenti: “Noi oggi sappiamo che la violenza è errata, ma all’epoca c’erano persone convinte che ci fossero cittadini di serie A (gli uomini ricchi) e altre persone di serie B (il resto). Gli eredi di queste persone, sono in mezzo a noi.”

Un vigile urbano attualmente in servizio a Milano, che ha chiesto di rimanere anonimo perché non sa scrivere bene il suo nome e cognome, sembra confermare questa ipotesi. Alla domanda del perché queste violenze sistematiche avvengono verso i più deboli, ha risposto: “Ci piace così”.

Altri colleghi degli agenti incriminati indicano una diversa motivazione per il pestaggio avvenuto il 24 maggio, ma anche in questo caso la tesi del professor Cocàina rimane valida: “Quegli agenti non volevano pestare una trans, pensavano fosse un’immigrata, dovete capirli! Vedete, sappiamo che generalmente la città di Milano è lgbtqia+ friendly; anche il sindaco lo è, specie quando indossa i calzini arcobaleno. Quindi noi, obbedendo agli ordini del più forte, non ci permetteremmo di picchiare persone non eterosessuali. Ma per errore i miei colleghi hanno menato una persona. Ribadiamo: erano convinti che non sarebbe interessato a nessuno di un’immigrata, ma quella era una persona, non un’immigrata, e questo ha generato tanti problemi. Dispiace per loro. Certo che se lei non avesse ripetutamente sbattuto la testa contro i manganelli dei colleghi, le cose sarebbero andate diversamente”.

Andrea H. Sesta