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Liberi e Uguali costretti a cambiare nome: “Nessuno vuole essere uguale a D’Alema”

Liberi e Uguali costretti a cambiare nome: "Nessuno vuole essere uguale a D'Alema" - Lercio

Roma – È già crisi in casa Liberi e Uguali, la nuova forza politica a sinistra del PD guidata da Pietro Grasso. Le prime frizioni si erano avvertite al momento di stabilire le alleanze per le regionali: va bene Zingaretti alla Regione Lazio; non va bene Gori alla Regione Lombardia, quest’ultimo colpevole soprattutto di aver sposato la Parodi che non sa cucinare.

Ma come se non bastasse il problema delle convergenze sui candidati alle regionali, è scoppiata, improvvisa, la grana del nome. A raccontarci la genesi travagliata della denominazione del partito è Roberto Speranza: “Inizialmente abbiamo pensato di estrarre due foglietti da un’urna contenente aggettivi a caso, ma l’esito (Freschi e Generosi) non ci ha soddisfatto. Quindi abbiamo chiesto aiuto a Laura Boldrini, ma la sua proposta (Progressist* e Petalos*) non ci è sembrata adeguata a degli esponenti politici che hanno più di 16 anni. Allora Bersani ha proposto Moderati e Riformisti ma poi ci siamo accorti che MR sono le iniziali di Matteo Renzi e non se ne è fatto niente. Alla fine è intervenuto Grasso che ha detto ‘Ci chiamiamo Liberi e Uguali e non rompete il cazzo’.”

La questione del nome sembrava quindi chiusa e il movimento poteva finalmente concentrarsi sulle promesse elettorali impossibili e sugli aperitivi a Testaccio, ma improvvisamente una semplice domanda di Pippo Civati a Pietro Grasso ha fatto riesplodere il caso.

Scusa Pietro, ‘Liberi’ ok, ma ‘Uguali’? Cioè uguali a chi?
Uguali fra di noi.
Quindi anche uguali a D’Alema?
Beh sì.

Le persone che hanno assistito a questo episodio raccontano di un Civati profondamente turbato da questa improvvisa presa di coscienza. Il leader di Possibile si è chiuso in bagno per due giorni, quando ne è uscito ha minacciato di abbandonare il movimento (che dunque nei sondaggi sarebbe passato dal 6,2% al 6,1%) se non avessero cambiato nome. A lui si sono uniti altri esponenti come Fratoianni e Speranza. Alla fine erano tutti d’accordo e si sono presentati dal capo con un unico appello: “Pietro, abbi pazienza, nessuno di noi vuole essere uguale a D’Alema”.

Grasso, preso atto della situazione, ha riunito la direzione del partito. L’obiettivo è trovare un nuovo nome in tempi brevi. Per ora si stanno valutando “Liberi e Uguali tranne che a D’Alema” e “Liberi e Basta”, ma adesso anche “Progressist* e Petalos*” non sembra più un’ipotesi da scartare.

Eddie Settembrini