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Economia. L’indignazione su Facebook sarà quotata a Wall Street

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Sempio Park (New York) – Non dovremo più aspettare la risposta di quel principe africano a cui abbiamo prestato 100€, per fare soldi facili e subito. Dal 1 gennaio 2018 l’indignazione sarà ufficialmente un bene riconosciuto e scambiato nelle più grandi piazze d’affari internazionali e a Isernia.

“Non pensavo di arrivare così in alto in così poco tempo, ma è stato magnifico”. Sono queste le parole con cui Kwest Hononay Joostow (A.D. dell’Indignazione su Facebook) ha commentato la velocità dell’ascensore che lo conduce dal piano terra al suo nuovo superattico al 93esimo piano. La storia di Mr. Joostow è una di quelle che spinge anche le persone più pessimiste a riaccendere un barlume di speranza sull’estinzione del genere umano. Figlio di un produttore di Hollywood e di una bambina salvata da un matrimonio combinato, Joostow ha speso tutte le sue energie, dall’età di 13 anni (quando ha potuto iscriversi a Facebook), per ogni causa che gli sembrava giusto combattere senza alzare il culo dalla sua cameretta. Oggi, dopo 9 anni, Joostow è il giovanissimo amministratore delegato del sentimento che ha contribuito a rendere famoso nel mondo, e continua a combattere ogni giorno centinaia di battaglie senza alzare il culo dal suo ufficio a Manhattan.

“Per tutti questi anni abbiamo ignorato il valore di mercato dell’indignazione – spiega Joostow – Non stiamo parlando solo di carriere stroncate da commenti online, di brand costretti a chiedere scusa a nickname di fantasia, di mamme imbufalite contro degli asteroidi pubblicitari, ma di una vera e propria ricchezza che giaceva nascosta nei meandri più bui della rete!”

Coinvolti da Joostow, 15 tra i più mediocri economisti di Harward (con la vu doppia, perché una era poca) hanno individuato alcuni dei fattori scatenanti più virali dell’indignazione online: I catalizzatori dell’irritazione sono molteplici, mutevoli e del tutto soggettivi. Oggi, per esempio, puntare la propria indignazione sulle molestie sessuali frutta molto, ma abbiamo calcolato che si tratta di un investimento di breve periodo che ha già avuto il suo apice e che è ormai in fase di calo, per essere sostituito dall’indignazione contro le donne che non hanno denunciato subito, che invece avrà il suo culmine venerdì alle 14 per poi calare a sua volta. Abbiamo poi gli investimenti di lungo periodo, come il disboscamento della foresta amazzonica o lo sfruttamento del lavoro minorile nella produzione di componenti per smartphone, argomenti che hanno una curva di guadagno più bassa perché non interessano a un cazzo di nessuno, ma rappresentano un rendimento sicuro di indignazione già da molti anni”.

L’indignazione, poi, conosce un mercato globale e dei mercati locali. In Italia, ad esempio, i fattori scatenanti che hanno fruttato più indignazione negli ultimi anni sono: i Marò (purtroppo ora fuori mercato), Fabrizio Corona in carcere per due foto” e infine gli islamici che ci rubano le donne, lavoro e i posti centrali al cinema, argomento buono anche per costruirci una carriera politica. C’è poi una new entry che si appresta a scalare tutte le classifiche: la Nazionale che non va mondiali.

L’aspetto più complesso, in tutta l’operazione commerciale, è stato trovare un valore univoco per l’indignazione, che risente molto della soggettività dei singoli incazzati, che da mansueti agnellini diventano temibili leoni da tastiera. Ogni elemento indignante potrà essere valutato per mezzo di un sistema di misurazione univoco: la lunghezza dei commenti e la percentuale di maiuscole nei post su Facebook, unità di misura anche nota come “Standard della comunità”.

A partire da questa sensazionale scoperta, i ricercatori hanno pensato di seguire la stessa logica delle criptovalute. Il sistema è semplice, spiegano : “Ora, se noi contiamo lettere, sillabe e parole dei post indignati e correggiamo la somma con una gaussiana in grado di dare più peso agli 1 messi al posto dei punti esclamativi, tenendo anche conto degli apostrofi al posto degli accenti, e infine dividiamo il risultato ottenuto per il numero di utenti connessi, ecco che abbiamo esattamente 1 INDIGO”.

Il valore di 1 Indigo è dunque garantito non da una banca centrale, ma dalla rete di indignazioni che ogni giorno Internet è in grado di generare, e finché ci saranno social network e vegani, complottistiultras dotati di una connessione a Internet, il valore non potrà che aumentare. Ad oggi esistono dei veri e propri Indigo-miners, sulla scia dei miners di bitcoin e di altre criptovalute, in grado di creare indigo con un semplice pc collegato alla rete. Basta infiltrarsi in un gruppo grillino fingendosi un troll pagato dal Pd per ricavare in pochi minuti fino a 3 indigo.

L’unica preoccupazione per gli investitori dell’Indignazione è che, nel giro di poco tempo, questa criptovaluta potrebbe trasformarsi in una gigantesca bolla e tutte le azioni diventare titoli tossici. Ma l’amministratore delegato Joostow, sdrammatizza: “Se quella bolla dovesse davvero esplodere, l’indignazione degli investitori sarà così potente da generare un fantamilione di indigo!

di Francesco Conte e Andrea Sesta