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Accademia di Stoccolma ritira il Nobel a Montagnier e lo assegna a un pipistrello

Stoccolmo di Cultura (vicino La Svezia) – È ufficiale, nella città più secchiona al mondo non hanno nessun dubbio: il Coronavirus è un cazzo di capolavoro ingegneristico della natura e per questo va premiato come si deve, con il mondo intero che per rispetto si ferma e con almeno un flashmob giornaliero di virologi che applaudono dal balcone di casa di Mario Giordano. Oppure con una task forse di espertoni della D’Urso che fanno un video omaggio  ai colleghi che hanno studiato veramente intonando, sempre dai balconi, ‘O laurea ciao!’, nota canzone partigiana-complottista.

Il virus è il più grande grattacapo che la medicina mondiale si sia mai ritrovata per le mani dopo la pelle grassa di Bruno Vespa“, afferma Antico Luminare, il direttore del Gran Consiglio dei Saggi Svedesi che, in collaborazione con tutto lo staff di Grey’s Anatomy, Dottor House, la Dottoressa Giò e M*A*S*H*  e in accordo con Neville Paciock (luminare di Erbologia), ha deciso di togliere il premio al Nobel per la medicina a Montagnier (vinto nel 2008 per aver scoperto il virus dell’HIV) e darlo a un pipistrello qualsiasi, in rappresentanza di tutta la specie.

Siete dei geni“, afferma Luminare, leggendo la motivazione che ha portato al premio, “Nessuno, in quattro mesi, ci ha capito nulla della vostra malattia. Montagnier meno che mai. Sì, negli anni ’80 ha scoperto il virus che causa l’Aids, però, una volta, anche Nobel in persona ebbe un’infiammazione a un’unghia del medio ma mica ha inventato il giradito. Siete stati fottutamente eccezionali. Avete diviso il mondo e la conoscenza tutta, ora prendete questo premio e andatevene affanculo. Basta salti di specie, basta estrarre virus dal vostro duodeno interstiziale, cambiate hobby: datevi al bricolage o andate a scopare come ricci su un’isola deserta come quelli della ‘Casa di Carta’ all’inizio della terza serie“.

Ma attenzione a non ritornare al mondo civile“, conclude Luminare, “che avrete sicuramente visto che fine hanno fatto”.

Claudio Marmugi