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Zuckerberg ammette: “Ci hanno rubato i dati ma vi abbiamo salvato da milioni di capezzoli”

Zuckerberg ammette: "Ci hanno rubato i dati ma vi abbiamo salvato da milioni di capezzoli" - Lercio
Foto: Brian Solis, www.briansolis.com

Facebook (periferia di Skynet) – Dopo aver indossato i soliti abiti, baciato la solita moglie e distrutto gli ordini quotidiani rilasciati dagli Illuminati, Mark Zuckerberg si è diretto nel suo gigantesco ufficio nella Silicon Valley per rilasciare un’attesissima dichiarazione sui dati degli utenti di Facebook che Cambridge Analytica avrebbe utilizzato in maniera scorretta, forse addirittura in maniera criminale.

Mark Zuckerberg ha letto la bozza di annuncio preparatogli dal suo team di comunicazione e, dopo un paio di correzioni (ha preferito che fosse redatto in comic sans), si è diretto verso la sala stampa. Lì, vagonate di giornalisti appassionati di tecnologia l’hanno subito assalito con domande pungenti: “Qual è il suo colore preferito dopo il blu?” “Davvero è contro la fame nel mondo?” “Non pensa anche lei che quando c’è troppo caldo la gente poi ha troppo caldo per davvero?”. Da grande filantropo qual è, a tutte e tre le domande, Mark ha risposto di sì con un cenno del capo. Ma ecco le parti più salienti del comunicato:

“Sì, c’è stato un uso improprio dei dati di Facebook e sì, lo sapevamo da tempo e non abbiamo fatto niente per tutelare i nostri utenti, questo soltanto perché eravamo concentrati su qualcosa di più importante: i capezzoli, ne abbiamo rimossi a milioni negli ultimi anni!”

Nella sala è calato un silenzio quasi religioso. Gli uccellini all’esterno hanno smesso di cinguettare, le cicale nel raggio di 15 kilometri hanno cessato di frinire.

I capezzoli, lo dico forte e chiaro, non saranno più tollerati su Facebook, ed è di questo che voglio parlarvi oggi. Lasciate perdere i dati personali, la sicurezza e il diritto alla privacy, lasciate perdere tutte le volte che abbiamo detto che non sapevamo niente quando in realtà stavamo platealmente mentendo: Facebook ha sviluppato il software definitivo per censurare ogni forma di capezzolo. Io stesso l’ho applicato a tutte le mie foto e presto, per dare l’esempio, provvederò anche all’automutilazione, in modo tale che nemmeno nella vita offline qualcuno di voi sia turbato dalle mie areole.”

Un giornalista, appoggiato il suo iPad sulla sedia, si è alzato per applaudire.

“Per favore, fatemi continuare”. Lo lasciano continuare. “Qui a Facebook abbiamo sempre avuto un occhio di riguardo per la profilazione dei nostri utenti: conosciamo i loro spostamenti, i like che mettono, cosa leggono e per quanto tempo. Conosciamo alla perfezione ogni genere di porcheria che avviene in chat, abbiamo cataloghi virtuali ricolmi di ogni pene che è stato inviato, su richiesta o meno, ad ognuna delle nostre utenti. Abbiamo ordinato in modo alfabetico ogni pagina che inneggia al nazismo, al fascismo, all’anoressia e al cattolicesimo ma abbiamo deciso di tenerle attive, non ci interessa che vengano rimosse: troveremo degli inserzionisti anche per loro. Per i capezzoli è diverso, i capezzoli sono luridi, sudici, immondi e devono sparire da Internet.”

Altri 5 giornalisti, dopo aver appoggiato i loro block notes, si sono inginocchiati iniziando a piangere dalla commozione.

“Vi dirò di più: sogno un mondo in cui i capezzoli non esistono, in cui i neonati vengono nutriti dai like che i loro genitori accumulano nel nostro social network. E come oggi guardiamo con imbarazzo al periodo buio della schiavitù e della segregazione razziale, così a 100 anni da oggi la stessa parola ‘capezzolo’ ci metterà a disagio! Pensate a Gandhi, a Martin Luther King, a Madre Teresa! Pensate a loro, dimenticatevi di Cambridge Analytica, dalle nostra reticenza”!”

Intanto i giornalisti presenti in sala organizzano baccanali in favore del loro Messia terrestre quando da New York arriva la notizia “La borsa accetta le scuse, Facebook che censurerà ogni capezzolo ha fatto triplicare i valore azionario dell’azienda.”

Mark Zuckerberg, in preda a un furore estatico, estrae dalla tasca un coltellino a serramanico e, dopo aver leccato la lama in acciaio inox, si trafigge la pelle dei pettorali. Rimuovendo i suoi capezzoli. Rosa come il sole che tramonta nell’oceano. Non una lacrima, non uno lamento. Un ghigno gli appare sul volto.

I giornalisti più anziani svengono, alcune donne partoriscono per la gioia. È l’inizio di una nuova era per l’umanità.

Andrea H. Sesta