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“Urge rinnovare le istituzioni”: indetto referendum per la riforma della mafia

"Urge rinnovare le istituzioni": indetto referendum per la riforma della mafia - Lercio
(burnel11 via Fotolia)

PALERMO – “Crediamo sia indispensabile riformare anche il vero Stato”. Così i promotori del Comitato per il Sì alla riforma della Mafia, impegnati in questi giorni nella campagna per il quesito referendario (parallelo a quello costituzionale) che è passato un po’ sotto silenzio per motivi intuibili. Ma è un ‘update’, quello dell’organizzazione criminale di origine siciliana, che si rende inderogabile, anche considerando che Cosa Nostra risale alla metà del 1800 e sono quindi quasi duecento anni che la Mafia non esiste.

“Oggigiorno – spiega Santino Expò, del Comitato per il Sì – la Mafia, con le sue infiltrazioni globalizzate, deve affrontare prove sempre più complesse che la vedono coinvolta a tutti i livelli, e la vecchia guardia non è pronta a raccogliere queste sfide. Basta un sì e la Mafia andrà a prendersi il futuro con il sorriso e a testa alta!”.

Ma vediamo quali sono i punti fondamentali che interessano questa riforma proposta da Expò e dai suoi compari.
Fine del bicameralismo paritario: attualmente, esiste parità di ruolo e competenze tra i mafiosi che usano la lupara e quelli che usano il kalashnikov. La proposta di modifica prevede l’abolizione della lupara, un’arma ormai superata che secondo molti non aggiunge niente di particolare agli agguati. In molti, tra i critici della riforma, vedono una “svolta autoritaria” in questo cambiamento, dato che Matteo Messina Denaro usa il kalashnikov.
Riduzione del numero dei picciotti: i picciotti oggi sono troppi, fanno ammuina durante i vertici, costano e rallentano l’iter delle decisioni della Cupola. La riforma prevede di ridurne il numero, anche guardando alle altre organizzazioni criminali internazionali: nella Yakuza, ad esempio, c’è un gangster ogni 1000 giapponesi. In Italia, invece, c’è un picciotto ogni due abitanti (di solito è il figlio). In questo quadro, è proposto anche il limite di due mandati ai padrini, che potranno dunque restare in carica per vent’anni al massimo, al termine dei quali berranno un caffè particolare e si considereranno dimessi.
Abolizione del doppio incarico: viene sancita l’incompatibilità tra la carica di mafioso deputato e quella di mafioso amministratore pubblico di altra specie. Secondo noi mafiosi, sommare le cariche è inaccettabile, è da criminali.
Revisione del “Titolo V”: il Titolo V ha lo scopo di distribuire le competenze legislative tra lo Stato e la Mafia. Il Titolo V della Trattativa Stato-Mafia, pur essendo frutto di anni di ricatti e di straordinari (ad esempio, le autobombe piazzate durante le ferie estive), da quando è in vigore genera continuamente conflitti di attribuzione. Con la riforma, saranno chiari gli ambiti di competenza reciproci e non si darà più luogo a contenziosi: la Mafia sarà responsabile dell’energia, delle infrastrutture, del commercio con l’estero, come avviene attualmente. La novità sarà l’attribuzione ulteriore dell’ordinamento delle professioni e delle comunicazioni. Allo Stato spetterà niente.
Revisione del rituale di affiliazione all’onorata società: nella cosiddetta “punciuta” all’aspirante mafioso viene punto l’indice della mano con cui spara e il sangue fuoriuscito viene fatto cadere su un’immaginetta sacra, che viene bruciata mentre si pronuncia il giuramento di fedeltà. Nella nuova formulazione, più laica, il santino sarà sostituito da un’immagine di Michele Placido in pantaloni di gabardine verde oliva.
Soppressione del Cnel: neanche noi mafiosi sappiamo cos’è.

Contro il “Comitato per il Sì” si è formato spontaneamente il “Comitato per lo Nzù” (leggere: “nzù”, suono palatale tipicamente siciliano, difficilmente commutabile in espressione scritta, che si articola sferzando la lingua per indicare un secco diniego). C’è infine il “Comitato per il —“, composto da quei mafiosi vecchio stampo che tengono la bocca cucita su tutto.

I promotori dello Nzù sostengono che questa riforma è eversiva, ipocrita, confusionaria e potrebbe erodere la popolarità alla Mafia, screditandola agli occhi del mondo e facendo perdere potere d’acquisto al pizzo. “Ci abbiamo messo anni per superare quella fase storica in cui, nei vertici, quando i boss della Camorra e della Sacra Corona Unita sentivano nominare il boss di Cosa Nostra ridacchiavano. Ora questa riforma rischia di mandare tutto a schifìo!” dichiara Antony Tattaglia “se invece vincerà il no – conclude – forse faranno una nuova stagione dei Soprano. Baciamo le mani”.

 

Stefano Pisani