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Paul McCartney: “Ho copiato ‘Yesterday’ da Zucchero”

LONDRA – Sono innumerevoli le accuse di plagio piovute su Adelmo “Sugar” Fornaciari. Da Così celeste, vagamente ripresa dalla Comin’ home di Bob Seger, a Diavolo in me, leggermente ispirata a High time we went del suo idolo Joe Cocker (col quale alcuni temerari avrebbero notato anche una vaga somiglianza nelle movenze sul palco), sino al caso più clamoroso, quello di Blù, che c’è chi addirittura si azzarda a sostenere possa somigliare a Lei di Michele Pecora.

A smentire tale nomea è nientemeno che uno dei più grandi geni della storia del rock, Sir Paul McCartney, che insieme a John Lennon ha composto per i Beatles decine di brani entrati ormai nella leggenda e che a proposito di quello che è forse il più celebre di tutti, dopo un lungo tormento interiore, adesso rivela: “Era la primavera del 1965. Attraversavo una fase d’impasse. Non riuscivo a buttare giù nemmeno una nota decente. John (Lennon, n.d.r.) aveva già scritto Help e Ticket to ride. Stavo perdendo la sfida con lui ed ero pronto a sciogliere il gruppo se non fossi almeno riuscito ad agguantare il pareggio”. Fu a quel punto che McCartney decise di mollare Londra per distrarsi trascorrendo qualche settimana in Italia. E un giorno, a una pompa di benzina sulla via Emilia, l’incontro fatale: “Mentre facevo il pieno mi si avvicinò un ragazzino di circa 10 anni che voleva vendermi un cappello. Stava fischiettando un motivetto che non avevo mai sentito e quando gli chiesi cosa fosse mi rispose che l’aveva inventato lui. Così comprai un cappello e lo invitai a non perdere tempo con la musica e a perseverare in quell’attività commerciale anche da grande e me andai”.

Un volta in albergo Sir Paul trascrisse le note appena udite e rientrato a Londra diede loro la forma definitiva. Quel motivetto era Yesterday. Alla domanda su come faccia a sapere che quel ragazzino era proprio Zucchero Fornaciari, McCartney risponde: “Sua madre era venuta a chiamarlo e io sono riuscito a capire: Delmo, la maestra dice che hai di nuovo copiato il compito!”.

Augusto Rasori