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Animalisti furiosi per la foto del cacciatore siriano con il drone appena abbattuto

Animalisti furiosi per la foto del cacciatore siriano con il drone appena abbattuto - Lercio

Abbath – Da alcuni anni ormai il territorio siriano è stato scelto per nidificare da interi stormi di droni. Si tratta di una specie di volatile molto comune negli Stati Uniti che poi, nell’era della globalizzazione – e grazie ai fiorenti scambi commerciali che ne hanno favorito la migrazione – ha trovato in medioriente un habitat favorevole in cui adattarsi. L’assenza di predatori, inoltre, gli ha consentito di collocarsi immediatamente in cima alla catena alimentare della fauna locale. Lo scellerato inserimento di questa specie non autoctona però ha ridato vita nuova all’attività venatoria: si tratta infatti di una specie di taglia grande, molto difficile sia da catturare che da vedere, una sfida avvincente per un vero cacciatore e non per quei rammolliti che si gasano per una beccaccia.

Siamo andati ad intervistare un gruppo di cacciatori nella piccola comunità montana di Abbath per capire come il drone sia diventato in così poco tempo parte integrante della cultura locale: “All’inizio, sì, pensavo fosse una cicogna e gli ho sparato, poi, dopo aver cagato per tre giorni denti, bulloni e obiettivi di telecamere, ho capito che si doveva trattare di un drone, un nuovo tipo di selvaggina metallica, e da cacciatore incallito non potevo trascurarli, così ho iniziato a studiarli e a cercare di capire come si muovono in natura” – ha spiegato Muni Al Bastiaoui, cacciatore veterano, il primo ad abbattere un esemplare di drone nel villaggio (nella foto). Ad oggi Al Bastiaoui ha già catturato oltre duecento droni americani di grossa taglia e perso almeno una cinquantina di cani da riporto.“Il mio preferito è questo – dice indicando un magnifico esemplare di drone imbalsamato sopra al camino – stava tornando indietro dopo aver fallito l’obiettivo, scambiando una scuola per un raduno di nani dell’Isis”.

Per catturarli, Al Bastiaoui utilizza le tecniche più svariate. “Sappiamo ancora poco sulla nidificazione di questa specie e ancora meno sulla riproduzione ma abbiamo sviluppato moltissime strategia per catturarli e studiarli e per farlo abbiamo dovuto imparare a pensare come un soldato americano che gioca alla Playstation con la vita delle persone e così, per alcuni, la cattura è diventata più agevole: chiamo mio figlio Kabir al cellulare da richiamo e mi metto a dire parole sconnesse circa l’Isis e loro si avvicinano, incautamente. Un ‘Al-Baghdadi regna!’ qua, un ‘Al-Zawahiri è un bell’uomo!’ là e loro vengono a guardare che sta succedendo. A quel punto mio figlio assesta una poderosa schioppettata e il gioco è fatto”. In alcuni casi, racconta Muni, gli basta semplicemente travestirsi da civile che si aggira innocente per il paese, magari usando una stampella.

“Una caccia eco-sostenibile può esistere” precisa Al Bastiaoui e ammette una certa preoccupazione per il suo futuro e quello della sua famiglia, infatti il particolare fenomeno venatorio non ferma qui le sue dimensioni. Il mercato dei cacciatori di frodo sta già muovendo i suoi artigli su questa terra desolata e iniziano ad arrivare denunce dalle associazioni animaliste sull’attività di alcuni bracconieri che avrebbero sparato a specie di droni protette (come il drone “C3C1l”, costituito da parti riciclate di Commodore Vic-20 e di ciclomotore Ciao della Piaggio) e quelli che utilizzano la pesca a strascico per catturare i droni precipitati davanti alla costa.

 

Vittorio Lattanzi e Stefano Pisani